
Quella di Oliver Stone è una ibridazione di linguaggi mai fine a se stessa, capace di smuovere corde profonde nella sensibilità dello spettatore. Prende in giro i media, accusa la televisione e si serve di essa, ricorre al linguaggio universale di Mtv e ruba dai cartoon giapponesi idee e tecniche di animazione. Come farà Tarantino in Kill Bill 10 anni dopo, gioca con richiami e citazioni, fa un grande mix, che ha la forza di una bomba a mano che continua a esplodere per quasi due ore di fila.
Non a caso, la sceneggiatura originaria era di Quentin Tarantino, che disconobbe il lavoro finale e addirittura pubblicò la sua versione (infatti a lui si riconosce il soggetto, ma la sceneggiatura è attribuita a David Veloz). Insomma, il film è figlio bastardo del regista di Pulp fiction (che è dello stesso anno), e noi non possiamo che riconoscerne lo stampo. Ci sono dialoghi di una bellezza quasi commovente: ve ne do giusto un esempio.
Mallory: Mi fai sentire felice come quando andavo all’asilo.Mickey: Ora dobbiamo crescere. La strada per l’inferno è davanti a noi. Mal… mi vuoi sposare?
A coronare l’insieme, una serie di interpretazioni mozzafiato: i personaggi principali riescono a far brillare dentro di sè la scintilla della follia. Non solo Mickey (Woody Harrelson) e Mallory Knox (Juliette Lewis) incarnano il male, la qual cosa è quasi scontata, ma la malvagità pervade anche il detective Scagnetti (Tom Sizemore), che per giunta risulta notevolmente più antipatico. Il personaggio più ambiguo, non a caso, è il media man interpretato con eccellente bravura da Robert Downey Jr.
Indicazioni terapeutiche: contro la stipsi del buonismo e dell”happy ending a tutti i costi il concentrato di violenza di questo film coadiuvato dal fatto stesso che il male, per una volta, trionfi, ha un effetto terribilmente… liberatorio! Controindicazioni: leggere attentamente le istruzioni, non somministrare ai bambini al di sotto dei 12 anni.