Mattia: L’effetto più prezioso del lavorare con professionisti attivi in ambiti fra loro distanti è che si generano interazioni altrimenti non facilmente prevedibili. Mi viene in mente Cristiano, che lavora con le maxiaffisiioni pubblicitarie dei cantieri e si trova a dover smaltire questi enormi teli stampati in PVC e pertanto ha iniziato a cercare di sviluppare una linea di accessori con Lorenzo, che lavora con la moda. Oppure il fatto che durante gli eventi noi e l’adiacente negozio di clothing design Société Anonyme diventiamo un unico complesso ancora più eterogeneo. O magari il fatto che durante i giorni delle sfilate a Pitti ospitiamo regolarmente eventi collegati. In sostanza processi complessi come ad esempio la produzione e la comunicazione di un prodoto di design possono trovare in uno stesso luogo tutte le risorse e le professionalità necessarie a portarli a compimento, diminuendone quindi oltretutto il costo complessivo poichè le collaborazioni interne sono sinergiche e non competitive.
Ma, in pratica, cosa fa un coworking manager?
Mattia: Possiamo dire che il coworking manager deve riuscire a coniugare le istanze parzialmente conflittuali costituite da un lato delle esigenze quotidiane della comunità dei coworkers, e dall’altro quelle dello sviluppo e dell’organizzazione dello spazio in se. Questo è particolarmente vero in un complesso singolare come il 22A|22 dove il coworking è una funzione fondamentale ma non esclusiva degli spazi. Diciamo che cerca di equilibrare due tendenze equalmente naturali di ciascuno, ovverosia quella a costruirsi spazi privati e quella di ricercarne di comuni. Non semplicissimo!
Piccolo manuale per diventare un killer
Massimo: La The Killers Company, TKC per gli amici, implementa gli stessi principi di orizzontalità e sinergia che animano i coworking. La TKC è nata appena adesso, e vuole percorrere strade non ancora battute avendo in mente innovazioni fondamentalmente semplici per business sostenibili: è questa la sua Clever Revolution. Se ragioniamo senza troppi freni, pur mantenendo l’attenzione sulla implementabilità, l’innovazione viene da se.
Massimo: Il primo passo è comunicare ai nostri pari che un modo per vivere e lavorare dignitosamente è possibile anche in questi momenti di crisi e che è non solo opportuno, ma anche entusiasmante farlo assieme, senza dissanguarsi in inutili lotte con chi potrebbe diventare invece alleato.Il messaggio che vogliamo dare è che è finita l’era dell’individualismo sfrenato, della competizione sleale e della corsa al posto fisso: oggi si può fare impresa in Italia con le proprie forze… basta ingegnarsi… insomma la The Killers Company ingegnerizza “l’arte del dell’arrangiarsi” tipica della nostra nazione e prova porla alla base di un circolo economico virtuoso e sostenibile.
Massimo: Il Killer non dorme molto, utilizza i mezzi pubblici o la bici per spostarsi in città e dopo aver fatto colazione arriva nella sua casa, il coworking. Le giornate scivolano via tra una sessione di Skype e l’altra, e nel coworking trova tutto il necessario per lavorare ed avere nuovi input ed avviare nuove collaborazioni. Il killer però riesce a ritagliarsi un po’ di tempo per fare sport e spesso si fa un aperitivo con gli altri coworkers ed amici. Il Killer è tale anche mentre si diverte, non è un supereroe, è una persona normale…
Massimo: Leggere il manifesto , condividerne l’impostazione, raccontarsi in modo non canonico. La TKC non vuole parlare con curriculum ma con le persone, non pone limiti di età o di professione, chiunque può essere un “killer” a modo suo.
Massimo: Curioso, Famelico , Rivoluzionario. Ma ne serve assolutamente una quarta: Leale.