
A suo tempo, il
New York Times definì
No Logo “la Bibbia del movimento antiglobalizzazione”. E della Bibbia questo libro ha di certo il volume e la capacità di trasmettere un messaggio attraverso numerosi argomenti. La definizione dell’accreditato quotidiano tralascia che il saggio, anche se prende le mosse da un movimento che si scaglia contro le azioni spietate delle grandi Corporation (per la maggior parte) americane, supera il discorso legato esclusivamente alla mobilitazione contro i brand, per abbracciare un approccio olistico e costruttivo. Trovo inutile e persino presuntuoso cercare di riassumere i contenuti di
No Logo, piuttosto preferisco dirvi dello sdegno che ha suscitato in me e del mio già ben sveglio bisogno di cambiare che ha reso più acuto, raccontarvi la passione con cui l’ho letto e con cui evidentemente è stato scritto. E gli occhi diversi con cui ho iniziato a vedere le cose. Perché anche se è vero che
Report ce ne racconta almeno due/tre a settimana e che sappiamo benissimo che l’economia globale si basa su scandalose iniquità vicine e lontane, è anche vero che ormai abbiamo fatto l’abitudine al marcio e, quel che è peggio, pensiamo sia talmente sistematico e organico da renderci impotenti.
Naomi Klein fornisce una sistematizzazione chiara, organica e convincente che strappa il salame dagli occhi e induce una urgenza etica che abbiamo affogato mille volte nel cinismo del
e-io-che-ci-posso-fare o
se-mi-fermassi-ad-aiutare-ogni-poveraccio-non-camperei-più. Bene, non si tratta di fermarsi ad aiutare i mendicanti per la strada, ma di seguire un percorso che ci possa portare tutti insieme verso la democrazia. La strada, secondo l’autrice, la stanno indicando tutti i giorni le persone che si impegnano per i diritti umani, che scendono in piazza per un soldo di democrazia e che chiedono a gran voce un altro sistema. La cosa buffa è che possiedo
No Logo da quasi cinque anni, regalo di seconda mano di una coinquilina che voleva sbarazzarsi di un po’ di cose pesanti prima di partire. E io, invece, l’ho trascinato con me per tutto questo tempo, facendogli cambiare quattro diverse case, ma senza mai degnarlo di più di uno sguardo.
Certi libri (e certi film) ti ronzano intorno finché non è davvero il loro momento. E, sì, questo era decisamente il suo momento per me, con tutto che sono passati molti anni dalla sua pubblicazione e sono anche cambiate molte cose. I cosiddetti
no-global sono stati messi da parte, annebbiati dal G8 genovese e poi dall’11 settembre. Non c’è stata nessuna rivoluzione pacifica, anche se con nomi diversi e sempre più spesso grandi masse di persone coordinano le loro azioni e rivendicazioni a livello internazionale (e ogni volta, in questo Paese, si tende a farli passare per facinorosi, violenti, devastatori, ma
questa è un’altra storia).
Quello che non cambia è il bisogno di fare qualcosa contro un sistema economico che strozza molti in favore di pochi: sono le istanze di democrazia, trasparenza, giustizia, equità sociale ed ecologia, ormai chiaramente composte in un solo mosaico. E, d’altra parte, quello che non migliora sono il sistema di precarizzazione del lavoro nei Paesi “ricchi” e il nuovo schiavismo nelle zone industriali di esportazione dei Paesi “in via di sviluppo” a cui si aggiunge quello sulla porta di casa dei terzisti manufatturieri. E l’economia teorica del mondo della finanza, che sclerotizza quella reale. Se vi state chiedendo se abbia senso nel 2012 leggere un libro sull’economia globale e la nuova contestazione che è stato pubblicato circa dodici anni fa, vi vorrei far notare come tutto quello che stiamo vivendo oggi, non è che il frutto di storture di un sistema economico che non ha mai invertito la rotta. Quando ci chiedono
maggiore flassibilità per far arrivare investimenti stranieri, ho paura che dentro la promessa di crescita ci sia la minaccia del suo costo. Un po’ come accadeva in certi Paesi in via di sviluppo del Sud Est Asiatico, ai quali poi per qualche motivo, quello sviluppo è stato negato. Quando si parla di
evasione e si punta il dito contro il piccolo esercente che non fa gli scontrini, voglio sapere chi toccherà le aziende che si avvalgono di terzisti che sfruttano lavoratori cinesi in nero nella nostra Campania. E quando si parla di
aumento del prezzo della benzina voglio sapere perché siamo ancora costretti a usarla, la benzina. E con gli esempi mi fermo qui, ma ci siamo capiti. D’altra parte è di quest’anno la
nuova edizione del libro, identico a quello originariamente pubblicato da Baldini & Castoldi, ma con una nuova prefazione dell’autrice. Se avete il sospetto che ci sia qualcosa che non va, è sicuramente il momento di leggere il libro della Klein.
[…] una scelta paradossale, per dei giganti dell’economia, eppure a sentire Naomi Klein non è la prima volta che il marketing trasforma il disagio sociale in una forma di spettacolo. […]
"Il segreto, la chiave per il successo, è la previsione, la capicità di vedere il futuro, agendo di conseguenza; ed è quello che io faccio, e questa è la verità."
Two for the money, USA 2005, di D. J. Caruso
"La correlazione tra profitti e aumento dei posti di lavoro sta per essere troncata. […] Sappiamo cosa ciò significhi a breve termine: utili record, azionisti entusiasti e posti esauriti in business class. Ma cos’altro significa ciò a medio termine?" [1]. Nel 1997, la giornalista Naomi Klein, con il libro "NO LOGO", porta all’attenzione del lettore molte delle pratiche attuate dalle società dot-com, le imprese della new economy che, secondo la giornalista, avrebbero condotto, a breve, ad una probabile crisi economico-finanziaria e ne introduce di nuove che, nel medio e lungo termine, potrebbero portare a crisi ancora più profonde.
Nel 2012, a 15 anni di distanza dall’uscita di "NO LOGO", siamo qui a raccontare una "nuova" generazione di lavoratori che, "finalmente", ha cominciato a farsi viva nel mondo del lavoro anche nel nostro Bel Paese, la "Voucher Generation". "Esattamente come i lavori in fabbrica che una volta sostenevano intere famiglie, adesso sono stati trasformati nel Terzo Mondo in impieghi per teen-ager, così le grandi imprese di abbigliamento e le catene di ristoranti hanno legittimato l’idea che l’occupazione nei fast food e nei negozi al dettaglio sono usa e getta, inadatti agli adulti." [2].
Note e fonti:
[1] Cit. "NO LOGO – Economia globale e nuova contestazione", di Naomi Klein, Baldini & Castoldi, 246
[2] Ivi, 221
… continua su http://www.lateoriadelcomplotto.com/2012/06/la-teoria-del-complotto-new-economy-o.html
Ciaoo, Nyko
Ma questo è uno dei miei libri preferiti sull'argomento, anche se i grandi media hanno cercato "untuosamente" di spacciarlo per qualcosa legato unicamente al movimento no-global. Il libro è bello perchè è fresco ed è prova di un lavoro giornalistico anche sul campo che in pochi sembrano voler fare. Avrà pure 12 anni ma è più attuale che mai.
Letto nel 2003 e sdegnato da allora. Bisognerebbe davvero riconoscere una volta per tutte che la vita è fatta di sostanza e non solo di apparenza.
Sottoscrivo parola per parola. 🙂
Come darti torto? A piccoli passi si può tornare all’essenziale e scoprire cosa conta. La mia ispirazione in questo momento sta tutta nella parola decrescita. Sono passata nel tuo blog: molto interessante e vedo che abbiamo parecchi interessi in comune.