Era il 1967 quando al Festival di Edimburgo fu rappresentata la prima assoluta di una tragicommedia scritta dal commediografo inglese Tom Stoppard. Si intitolava Rosencrantz e Guildenstern sono morti, da un verso dell’Amleto di Shakespeare. Stoppard aveva preso due personaggi minori della tragedia e aveva stiracchiato il testo shakespeariano facendone emergere gli aspetti ironici, buffi, comici. Il testo teatrale divenne un film nel 1990 – e vinse il Leone d’Oro.
La trama della tragicommedia segue quella dell’Amleto, mantenendo lungo tutta la vicenda il punto di vista di Rosencrantz e Guildenstern. I due amici del principe di Danimarca sono chiamati a corte da un misterioso messaggero. Partono a cavallo, incontrano lungo il cammino la compagnia teatrale che darà spettacolo a Elsinore. Arrivati al castello parlano con Amleto: dovrebbero scoprire che cosa lo affligga, ma sono maldestri e non riescono a strappargli nulla. Attorno a loro si svolge la tragedia alla quale prendono parte solo minimamente: trascorrono il tempo a Elsinore tra giochi e riflessioni esistenziali inconcludenti.
Stoppard affianca due registri differenti, provocando un effetto di straniamento: da una parte Rosencrantz e Guildenstern sono personaggi realistici e ben definiti nelle sfumature psicologiche; dall’altra Amleto e tutta la corte sono caratterizzati da uno stile di recitazione teatrale, dal linguaggio aulico, da costumi e scenografie che rimandano al palcoscenico. Rosencrantz e Guildenstern si muovono con naturalezza dentro e fuori il castello, mentre l’entrata in scena di Amleto e Ofelia, tra le urla scomposte di lei e i movimenti da balletto, sembra una messinscena. Stoppard rappresenta con ironia il teatro classico, e usa gli interstizi per inserire le sue battute demistificanti. Non ha pudori rispetto al testo originale e non teme di usare il linguaggio delle immagini in luogo delle parole. Le telecamere, dirette da Stoppard, si insinuano nei corridoi secondari dai quali i due amici osservano lo svolgersi della tragedia. Il montaggio rivela significati nuovi.
La compagnia teatrale itinerante suggerisce la chiave di lettura dell’intero film: l’insensatezza della morte di Rosencrantz e Guildenstern. La vera tragedia è che Rosencrantz e Guildenstern non sono nessuno. Non solo: la loro morte appare come un effetto collaterale di una macchinazione superiore alla loro volontà.
Da antologia:Attore: Conoscevi già quest’opera?Guildenstern: No.Attore: Una carneficina: otto cadaveri ed è tutto detto.Guildenstern: Ma… sei!Attore: Otto. – due impiccati vengono fatti penzolare sul palcoscenico.Guildenstern: Cosa sono?Attore: Sono morti.
Indicazioni terapeutiche: pillola dolceamara che stimola la riflessione sul nonsense esistenziale e sulle dinamiche che, sopra di noi, decidono di noi.